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Diversamente C.H.E.F.: la trippa come non l’avete mai assaggiata

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Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice

Nella terminologia adottata nella classificazione dei vari tagli di carne utilizzati nella macelleria moderna l’animale mattato viene suddiviso in due parti principali noti come mezzene, derivanti dalla carcassa del bovino macellato; ognuna di queste viene ulteriormente sezionata ottenendo così i quattro quarti che rappresentano le parti più nobili e pregiate dell’animale. Tutto il resto viene definito come quinto quarto, termine utilizzato in riferimento alle parti meno pregiate. Ma non per questi meno gustose e appetibili, anche se stiamo parlando di frattaglie, che un’ulteriore ripartizione suddivide in quinto quarto industriale formato dalle componenti non edibili (zoccoli, corna, pelli, etc) e quinto quarto alimentare formato dalle parti commestibili che sono note come rigaglie nel caso dei volatili, mentre se derivano dai quadrupedi vengono a formare le classiche frattaglie.

Tra queste, una delle più radicate in alcune cucine regionali della tradizione gastronomica italiana è senz’altro la trippa, ricavata da diverse parti dello stomaco e ampiamente presente in numerose ricette di molte regioni italiane come ad esempio la trippa alla milanese (busecca), la  trippa alla veneta o la trippa di Moncalieri, Tripa ‘d Muncalè, dove l’ingrediente viene trasformato in un insaccato che una volta affettato si presta a numerose elaborazioni. E che dire della trippa alla romana, autentica pietra miliare della cultura alimentare capitolina, abbastanza simile a quella delle regioni settentrionale ma connotata con due peculiarità essenziali come l’utilizzo del pecorino (in sostituzione del parmigiano) e l’aggiunta di mentuccia fresca.

La trippa inoltre è entrata a far parte di alcune importanti citazioni del passato come ad esempio quella che recita “Giovedì gnocchi, venerdì pesce e sabato trippa”, molto usata nel periodo tra le due guerre mondiali nella tradizione cattolica che identificava  il venerdì come il giorno di astinenza dal consumo della carne; per questo al giovedì si preparavano gli gnocchi per assicurare allo stomaco una adeguato senso di sazietà per affrontare meglio il pasto frugale del giorno dopo. Al sabato invece il consumo della trippa era legato al fatto che nei mercati della capitale questo giorno era legato alle attività di macellazione dei bovini per cui, dopo la vendita delle parti migliori degli animali alle classi più nobili, alle famiglie povere restavano solo gli alimenti meno pregiati rappresentati dalle frattaglie e, soprattutto, dalla trippa. Agli inizi del Novecento si affermò inoltre un altro detto popolare legato ad una singolare consuetudine in atto presso il Comune di Roma che, ogni anno, aveva nel bilancio comunale una voce onerosa di spesa legata proprio all’acquisto della trippa, elemento indispensabile per nutrire un esercito di gatti che teneva lontano i topi dal Campidoglio.  Ben presto però tale canone divenne insostenibile per le esigue casse comunali e il sindaco di allora decise di sopprimere l’acquisto mensile di trippa. Da questo provvedimento nacque nella fantasia popolare il detto “Non c’è trippa per gatti”.

Analizzando inoltre la storia della trippa nel corso dei secoli scopriamo che questo alimento era ampiamente utilizzo dai Greci, che la consumavano cotta alla brace, o dagli antichi Romani che la trasformavano in gustose salsicce, oltre ad essere molto apprezzata nel corso dell’intera epoca medievale, soprattutto nel territorio italiano dove la concorrenza tra i “tripparoli” romani e i “trippai” fiorentini hanno dato origine alla creazione di ricette memorabili che ancora oggi fanno la gioia di buongustai e gastronauti di tutte le età. Per la nostra ricetta gourmet abbiamo adottato una particolare tecnica di cottura, quella risottata, per conferire alla trippa una colorazione decisamente insolita grazie all’aggiunta del nero di polpo che viene completamente assorbito dall’ingrediente creando un alimento dall’aspetto decisamente insolito, ulteriormente esaltato dal verde intenso della mousse di piselli sulla quale viene adagiata la trippa nera e dal giallo inteso delle pregiate uova di pernice.

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