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Diversamente C.H.E.F.: pasta alla carbonara con cialde di guanciale

carbonara diversamente chef

Preparazione (1 h, 30 minuti)

Per il guanciale:

Analogamente a quanto avviene nelle ricette relative a gricia, amatriciana e carbonara, anche in questo caso la prima operazione da fare è quella della preparazione del guanciale che, per gustare appieno la ricetta, dev’essere accuratamente trattato prima di passarlo in padella. Sia per rimuovere le parti di grasso più spesse e completamente prive di carne, sia per asportare tutta la cotenna farcita di pepe; quest’ultima operazione è fondamentale per due motivazioni: la prima è di ordine igienico in quanto la cotenna, anche se il guanciale è acquistato in confezione sottovuoto, può essere venuta a contatto con vari elementi inquinanti durante la stagionatura o nelle fasi di trasporto che precedono il confezionamento; la seconda serve ad evitare che, mentre il guanciale rosola, il pepe si sciolga nel grasso e bruci conferendo un aroma amarognolo a tutta la salsa. Tagliato il guanciale a fette sottili, e sagomato a forma di piccole lamelle rettangolari, versare il tutto in una padella antiaderente senza alcun condimento.
Man mano che il grasso del guanciale fonde, raccogliere in una tazza alcuni cucchiai di liquido al quale si aggiunge il pecorino grattugiato, e un po’ di tuorlo, fino ad ottenere una salsa densa.. Quando la rosolatura ha fatto assumere al guanciale un aspetto croccante, facendo attenzione a non bruciarlo, si può spegnere il fuoco. Per ottenere un risultato ottimale è necessario che la cottura avvenga a fiamma bassa, girando spesso i rettangolini di guanciale con una pinza da cucina affinché la cottura (e soprattutto la doratura) risulti omogenea su entrambi i lati.

Per le cialde di guanciale:

Tagliare alcune fette molto sottili e, possibilmente, con un buon rapporto massa grassa/carne. La cottura delle lamine va eseguita in forno, ma adagiando semplicemente le fette su carta forno si rischia che (man mano che si sviluppa il calore) le fette tendano ad incurvarsi e ad assumere una forma attorcigliata o a spirale. Per mantenere la forma originale, che risulti ben piatta e senza ondulazioni a fine cottura, è necessario avvolgerle in carta alluminio, ben schiacciate e poste in forno, e pressate con un peso leggero in metallo. La cottura in forno (in modalità statica, a 180° per 30 minuti) assicura un buon risultato, che tuttavia non esime dall’effettuare un controllo verso metà cottura per valutare adeguatamente la texture croccante del guanciale e il mantenimento della forma piana.

Per le uova:

Anche nelle ricette gourmet più esclusive (molto care ai foodies dell’era digitale) è necessario mantenere tutti elementi della preparazione originale, fattore indispensabile per una immediata riconoscibilità gustativa anche da parte dei golosi più voraci e con poca dimestichezza nell’ambito delle stravaganze apprezzate dai palati gourmand. A tale proposito, oltre alle perle di uova ottenute con la sferificazione, sono state inserite in questa ricetta altre due versioni riguardo al tuorlo: la prima consiste (come già sottolineato) in una breve frittura in burro chiarificato (in grado di raggiungere temperature molto alte grazie al suo elevato punto di fumo), che verrà depositato sulla sommità del pacchero (al centro del piatto), rilasciando il suo contenuto (ancora fluido) in seguito ad una lieve pressione. Naturalmente non poteva mancare la salsa tradizionale per condire la pasta, a base di solo tuorlo (repetita iuvant) che, particolare fondamentale nel protocollo della carbonara, dev’essere aggiunta alla pasta solo a fuoco spento (non stiamo preparando una frittata!). La differenza rispetto alla procedura tradizionale consiste nel mescolare in una boule di vetro il pecorino grattugiato, i tuorli di uova accuratamente isolati e l’olio ottenuto dalla cottura del guanciale. Le uova vanno rotte con attenzione, separando con precisione l’albume dal tuorlo, prestando inoltre molta accortezza nell’asportare il disco germinale senza rompere l’uovo; il disco germinale (noto come blastodisco) è quella piccola appendice situata a lato del tuorlo dal quale (nell’uovo fecondato) si svilupperà il pulcino. Questi tre ingredienti non vanno frullati nel mixer (sia per mantenere una consistenza sufficientemente cremosa, sia per evitare che il calore sviluppato dalle sue lame interferisca con il composto, alterandone la struttura), ma è sufficiente mescolarli con una mini-frusta o una forchetta.

 

Per il caviale di uova:

Frullare 100 g di tuorlo insieme a 100 ml d’acqua (minerale naturale), filtrando accuratamente in una boule di vetro il fluido ottenuto. Aggiungere 1 g di alginato di sodio (sale naturale ricavato dalle alghe) e frullare in un mixer ad immersione per facilitare la diffusione dell’alginato nel fluido a base di acqua e tuorlo d’uovo. Versare 5 g di cloruro di calcio in un’altra boule di vetro con 150 ml di acqua utilizzando un contagocce, una siringa o un biberon (in base alle dimensioni che si vogliono ottenere per le perle); depositare le gocce di tuorlo nella soluzione della seconda boule che, a contatto col il cloruro di calcio, si trasformano istantaneamente in piccole sfere. Le sfere, che a questo punto possiamo chiamare “caviale di tuorlo d’uovo” devono rimanere immerse nella soluzione di cloruro di calcio per un tempo molto breve (20/30 sec) in maniera tale che la sua massa interna si mantenga liquida, altrimenti il processo di sferificazione va avanti e la sfera tende progressivamente a solidificare. Con un cucchiaino da caviale (forato sul fondo) togliere le sfere e metterle in una terza baule contenente solo acqua. Quest’ultimo procedimento ha lo scopo, oltre ad arrestare il processo di sferificazione, di lavare le sfere eliminando ogni traccia del sapore amaro che caratterizza il cloruro di calcio. Da considerare inoltre che tra i vari dettami delle più avanzate scuole di design, uno dei più accreditati sostiene che a volte “una eccessiva simmetria in una composizione geometrica può creare disquilibrio”, per cui allo scopo di ottenere un effetto finale più incisivo nel dressage del piatto è preferibile che le perle ottenute presentino una certa variabilità nelle dimensioni della circonferenza delle sfere.

Per il cremoso di pecorino:

Anche per la realizzazione della crema di pecorino bisogna attenersi naturalmente al “protocollo” di purezza accennato nella nota introduttiva, per cui sono rigorosamente bandite le normali tecniche utilizzate in questo caso che (in base alle varie scelte adottate dagli chef) prevedono l’aggiunta di besciamella, latte o panna liquida per creare una crema a base di formaggio. Come fare allora per rispettare la ricetta senza uscire dal solco della tradizione? La soluzione più semplice potrebbe sembrare quella di scaldare in un padellino antiaderente del pecorino, aggiungendo solo un po’ di acqua di cottura della pasta (ricca di amido, che svolge un effetto addensante), e un cucchiaio di olio di
guanciale, ma questa non è la soluzione ideale. Il pecorino infatti, anche se grattugiato finissimo, per effetto del calore tende comunque a coagulare, venendo a formare ben presto una massa troppo compatta che neanche l’aggiunta di acqua riesce a rendere nuovamente fluida ed omogenea. Dopo svariati tentativi, la soluzione migliore è risultata quella della cottura a vapore. Inserire quindi una normale vaporiera metallica all’interno di una pentola di acciaio a misura, e ricoprire con carta forno (traforata) la superficie attraverso la quale arriva il vapore acqueo nel corso dell’ebollizione. Versare il pecorino grattugiato, un cucchiaino di tuorlo d’uovo e uno di olio di guanciale e avviare la fiamma al minimo. Il calore che arriva attraverso il vapore acqueo, ulteriormente attenuato dal filtro formato dalla carta forno, risulta meno invasivo rispetto a quello della fiamma diretta consentendo al pecorino (leggermente diluito dal tuorlo e dall’olio di guanciale) di fondere più dolcemente venendo a formare una crema sufficientemente densa e omogenea. L’unico inconveniente è rappresentato dal fatto che il composto ottenuto non è molto stabile per cui (proprio per la tendenza ad addensarsi in maniera disomogenea) questa preparazione deve essere eseguita poco prima dell’impiattamento in maniera tale che il dressage finale risulti perfetto.

Nota:
Per la cottura della pasta è consigliabile attenersi alla semplice formula del 10/100/1000 che sta ad indicare che per ogni 100 grammi di pasta occorrono 1 litro di acqua e un’aggiunta di 10 grammi di sale. Quest’ultimo valore può essere leggermente ridotto nella preparazione della carbonara. E’ vero infatti che sia il guanciale che il pecorino
conferiscono al piatto una marcata sapidità, ma non bisogna incorrere nell’errore di non salare l’acqua di cottura poiché un palato raffinato (e ben allenato) anche i presenza di forti condimenti riesce a percepire una pasta portata a cottura in acqua senza sale!

Impiattamento:

La prima decisione da prendere per ottenere un perfetto dressage in stile gourmet è senz’altro quella relativa alla scelta del piatto. In questo caso, poiché i colori dominanti sono chiari (come il giallo del tuorlo e il bianco/ambrato del pecorino) è preferibile un piatto nero, opaco. Il classico “cappello del prete” non si rivela adatto perché l’area
disponibile all’interno del cratere non è sufficientemente ampia da consentire di sistemare in maniera ottimale la pasta e gli ingredienti utilizzati, né si presta allo scopo un piatto in ardesia, più adeguato per un estroso amuse bouche o un secondo a base di carne. Un semplice piatto rotondo, ampio e dalla superficie ben levigata, è la soluzione ideale. Una volta scolata la pasta, disporre nel piatto (in posizione leggermente decentrata) il cremoso di pecorino, adagiando al centro il pacchero sormontato dal tuorlo fritto circondato dalla mezze maniche e dai rigatoni alternati tra loro (già conditi nella salsa). Inserire all’interno della pasta i rettangolini di guanciale e le perle di tuorlo nel semicerchio anteriore del piatto. Una buona dose di pepe nero (tostato e macinato a mano), alcune scaglie sottili di pecorino, due cialde di guanciale per l’;immancabile finishing touch croccante nel palato, e il piatto è pronto.

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Foto: Ufficio Stampa