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Una nuova vita per il pregiato tartufo bianco

Dopo anni di studio è stata creata la prima coltivazione controllata di tartufo bianco, il più raro di tutti

Il tartufo è una delle prelibatezze più rinomate che si possano incontrare sulla nostra tavola. Si tratta di funghi che vivono in stretta associazione con gli alberi, con cui hanno un rapporto di reciproco scambio di nutrienti, detto “simbiosi micorrizica”. Ci sono ben 180 specie di tartufi nel mondo, ma solo alcune di esse presentano un interesse gastronomico. Molte persone avranno avuto il privilegio di assaggiare un tartufo nero, o un tartufo estivo, ma il più nobile e raro di tutti è sicuramente il tartufo bianco pregiato. Viene raccolto esclusivamente in terreni boschivi in Italia ed in alcuni altri paesi europei, come la Francia. L’offerta però, non riesce a soddisfarne l’elevata domanda a livello globale: per questo motivo il centro di ricerca francese INRAE ed i vivai Robin nel 2008 hanno deciso di unire le loro forze.

Dopo nove anni di studio ed esperimenti, sono finalmente nate in Francia le prime piantagioni per la coltivazione del tartufo bianco pregiato, per la prima volta in ambiente controllato. La produzione di Tuber Magnatum, nome scientifico del tartufo bianco, in una piantagione al di fuori del suo ambiente naturale è un primato mondiale. La notizia apre la strada allo sviluppo della coltivazione di questo tartufo in Italia. Ci hanno raccontato i dettagli Christine Robin, direttrice commerciale dei vivai Robin, il tartuficoltore professionista marchigiano Emidio Angelozzi e Claude Murat, ricercatore all’INRAE specializzato in tartufi.

Tartufo bianco coltivazione controllata: un’esclusiva mondiale

Gli esperti ci hanno raccontato i lunghi anni di studio, costellati di tentativi, difficoltà e fallimenti, ma finalmente coronati dai primi esemplari di tartufo bianco, nati tra il 2019 e il 2020. Le piantine erano state messe a dimora nell’inverno 2015: quindi lo sviluppo del tuber ha richiesto 4 anni e mezzo. Non erano pronti a un periodo così breve! Emidio Angelozzi ha detto la sua, dal punto di vista forse più vicino alla coltivazione a alla raccolta dei tartufi, dicendosi entusiasta per questo passo in avanti, che porta alla completezza delle specie di tartufo coltivabili (prima si coltivavano in modo controllato solo il nero, il nero pregiato e l’uncinato).

La produzione controllata del tartufo bianco pregiato non rappresenta, come si potrebbe forse pensare, un pericolo per la crescita boschiva. Al contrario, questi studi saranno preziosi per studiarlo e comprenderlo meglio, così da tutelare al meglio l’ambiente in cui il tartufo si sviluppano. Umidità, composizione del terreno e profondità del suolo sono solo alcuni dei parametri che è necessario monitorare per assicurarsi una crescita ottimale, un tartufo di una buona dimensione e di ottima qualità. Claude Murat ha concluso aggiungendo che oltre agli innumerevoli vantaggi per il settore dei tartufi, queste coltivazioni favoriscono la biodiversità. Infatti, uno studio del 2013 dell’Università di Montpellier ha dimostrato che gli indici di biodiversità erano più elevati nelle coltivazioni di tartufi rispetto a, per esempio vigneti o ulivi. Insomma, questo evento è il coronamento di un lungo processo, fatto di studio e tanta esperienza sul campo: finalmente ha dato i suoi frutti.

Foto: Ufficio Stampa

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