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La storia del capo che non può mai mancare nel guardaroba

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Adatto per ogni occasione, il jeans ha una storia tutta da raccontare

Non si riesce a immaginare un armadio senza almeno un paio di jeans al suo interno: a zampa, skinny, dritti, più corti o più lunghi, lavaggio scuro o chiaro. Ci sono centinaia di possibilità e di combinazioni quando si tratta di jeans, e questo li ha resi un capo versatile e iconico, adatto a qualsiasi outfit. Li indossano anche le star: Olivia Palermo li usa per smorzare un ensemble eccentrico composto da un cappotto con piume e décolleté rosa shocking. Nicky Hilton li porta rigorosamente skinny abbinati ad un trench e delle ballerine, mentre Amanda Holden li sceglie a zampa di elefante abbinati ad una giacca bianca.

Storia blue jeans: un intenso viaggio nel mondo del denim

La storia del blue jeans è lontana dal glamour: la tela del denim, resistente e forte, era usata dai marinai di Genova per le sacche delle vele, e veniva tinta di blu per non far risaltare le macchie. Nasce da qui il bleu de Génes, storpiato poi nel nome che tutti conosciamo. Anche l’altro nome con cui il tessuto è conosciuto, denim, deriva dal francese: il pantalone da lavoro dei marinai era realizzato nella cosiddetta tela di Nîmes. Colui che rese i jeans un capo iconico e indossato da tutti è però Levi Strauss. Ebreo tedesco emigrato in America durante il nazismo, decide di avviare un piccolo commercio di tessuti coi fratelli. A San Francisco fonda nel 1858 la Levi’s Strauss &Co. e inizia a produrre divise resistenti per minatori, allevatori e operai.

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Il logo del brand? Due cavalli che tirano un paio di jeans tentando (invano) di strapparli . Altro step importante nella creazione del jeans come lo conosciamo oggi è il brevetto dei rivetti in rame di Jacob Davis nel 1873. Usati per rendere più resistenti e pratiche le tasche, soprattutto per  i cercatori d’oro che le riempivano con le pepite, potevano essere usati in esclusiva dal solo Strauss, decretando il successo del suo jeans. Solo a fine Ottocento, scaduto il brevetto, il libero mercato fa nascere molte aziende che si specializzano in pantaloni in denim, come Lee e Wrangler. Negli anni Cinquanta si afferma la versione femminile, in alternativa alla gonna a ruota, soprattutto grazie a Hollywood: Doris Day li indossa in quasi tutti i suoi film, facendolo diventare un capo da brava ragazza; Marilyn Monroe in “La confessione della signora Doyle”, indossa quasi esclusivamente jeans.

Con gli anni Settanta e il fit a zampa di elefante, diventeranno la divisa della protesta giovanile e si riempiranno di appliques e disegni. Durante gli anni Ottanta e l’epoca d’oro dello stilismo, i jeans diventeranno anche griffati. Negli anni Novanta si affermano a vita bassa e iniziano a riempirsi di tagli e scuciture. Oggi sono disponibili in tutte le fogge e i design, ma si affaccia il problema della sostenibilità: per la produzione di un paio di questi iconici pantaloni vengono sprecati centiaia di litri di acqua. Ecco perché si stanno affermando brand che propongono capi denim in maniera ecologica ed etica (tramite lavaggi a ridotto impatto ambientale, tinture biodegradabili, fnissaggi ecologici) o che li vendono vintage.

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