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Diversamente C.H.E.F.: noodles di midollo con crema di avocado

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La settimana inizia con una nuova ed originale ricetta firmata dallo chef Rosato

Uno degli elementi essenziali della cosiddetta cucina povera, e soprattutto di quella contadina, del secolo scorso è senz’altro quello delle frattaglie, termine che nella gastronomia tradizionale raggruppa le varie interiora degli animali macellati e, soprattutto, quelle riferite agli organi interni ad esclusione dei muscoli e delle ossa. L’elenco è molto lungo e comprende diverse parti degli animali mattati, da quelle più note (cervello, cuore, fegato, lingua, milza, polmone, rognone e trippa) a quelle meno comuni come le mammelle di mucca (utilizzate per il teteun valdostano) o di maiale. Tra gli ovini si definisce coratella l’insieme di cuore, fegato, milza e polmone, mentre le frattaglie di pollo prendono il nome di rigaglie. L’atteggiamento culturale nei confronti delle frattaglie è stato sempre molto controverso ed ha portato da un lato ad un rifiuto totale del loro utilizzo in cucina, mentre in altre situazioni sono arrivate addirittura ad entrare nel novero dei cibi gourmet, come ad esempio nel caso del foje gras. In altri ambiti i piatti derivati dalle frattaglie sono diventati così diffusi nella tradizione culinaria locale da entrare a far parte delle specialità nazionali o regionali come l’haggis scozzese, la tobă romena i crostini di milza toscani.

Nel corso degli anni sono stati inseriti nel gruppo delle frattaglie anche le animelle (in pratica è il timo dei bovini), molto diffuse nella cucina romana e in quella piemontese, eil midollo osseo dei bovini. Utilizzato come alimento fin dalle lontane epoche preistoriche, il midollo osseo si ricava dalle ossa lunga degli animali e ha rappresentato una fonte di sostentamento essenziale per la sopravvivenza dei popoli primitivi. Basti pensare che il femore di un mammuth, lungo fino a 120 centimetri, poteva pesare fino a 25 chili dei quali circa il 20% era formato da midollo osseo (ricco di grassi e proteine) che poteva essere estratto con facilità sia nel caso di animali cacciati, sia nell’utilizzo delle carcasse abbandonate dai predatori carnivori che nonostante le possenti mandibole non riuscivano ad accedere all’interno delle ossa.

In epoche più recenti, a partire dal XVIII secolo, l’utilizzo del midollo osseo entrò regolarmente a far parte degli ingredienti di cucina e tra le classi più abbienti si diffuse l’abitudine di consumarlo utilizzando un apposito cucchiaino d’argento una volta aperte le ossa. Al giorno d’oggi lo troviamo in numerose specialità di numerose cucine regionali, a partire dal classico ossobuco che accompagna il risotto alla milanese, fino al fritto misto piemontese (di cui è uno dei vari componenti), o nella cima alla genovese. Per la nostra ricetta abbiamo utilizzato il midollo osseo per realizzare una nuova versione gourmet, trasformandolo in noodles (di spessore maggiore rispetto a quelli tradizionali) abbinati ad una crema di avocado, una purea di cavolo rosso e a dei crostini di pane di segale.

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