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La Galleria Poggiali inaugura Portrait of a Room di Thomas Kovachevich

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Dal 14 febbraio al 27 marzo 2019

Nel centro di Milano, sotto l’occhio vigile del Castello Sforzesco, c’è uno spazio espositivo, la Galleria Poggiali, prima sede milanese della storica galleria fiorentina. Il 14 febbraio si è tenuta negli spazi della galleria in Foro Buonaparte 52 l’inaugurazione di una nuova mostra. La personale dell’artista americano Thomas Kovachevich, a cura di Chiara Bertola, intitolata Portrait of a Room. 

Nello spazio illuminato a luce naturale l’artista ha creato, usando materiali semplicissimi come il nastro da imballaggio bianco e il nastro di gros grain viola e azzurro carta da zucchero, tre lavori separati che si percepiscono allo stesso tempo scultorei e pittorici, e che mutano a seconda del livello di umidità nella stanza, a cui danno un’inaspettata profondità. Le strisce di carta appese alla pareti si arricciano e si muovono attorno al nastro di gros grain, registrando i cambiamenti dell’ambiente ma anche rappresentando un modo peculiare di percepire la stanza, rendendo visibile l’invisibile e vitale lo statico, donando colpite dalla luce un aspetto diverso a tutto l’ambiente. 

installation view, Selections from The Grunwald Center and The Hammer Contemporary Collection, Hammer Museum, Los Angeles, CA, 2013

“Per affrontare l’opera di Thomas fatta soltanto di carta” sottolinea Chiara Bertola, curatrice della mostra “ho dovuto rimettermi a studiare questioni che avevo dato per scontato sul vedere e sul guardare. Ho sentito l’esigenza di riprendere in mano gli studi sulla percezione di Rudolf Arnheim e farmi aiutare dalla sapienza antica di Socrate per ricordarmi che non vediamo perché abbiamo gli occhi, ma che abbiamo gli occhi ‘per vedere’.”

La sensazione è quella di trovarsi davanti a un paesaggio fatto di iceberg, stalattiti e gayser, dove le forme semitrasparenti acquistano volume e dimensione contenendo la luce al loro interno. Per l’artista americano le forme sono esplorazioni razionali della geometria e il contenuto emotivo insito nel suo lavoro è costituito da una componente irrazionale. Racconta lo stesso Kovachevich: “Credo che uno dei motivi per cui ero attratto dal minimalismo era il suo tentativo di definire la purezza. Tuttavia, nel mio lavoro ho sempre cercato di investire la geometria con un contenuto emotivo.”

Thomas Kovachevich fa parte di quella generazione di artisti che, in America, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, hanno esplorato l’idea di smaterializzazione dell’arte per rendere il processo creativo accessibile al pubblico. Gli artisti a lui più affini sono Richard Tuttle per l’utilizzo di materiali, James Lee Byers che rende l’invisibile la sua arte e Tom Shannon che gioca con la meraviglia della scienza.

P.L.

Installation view, Thomas Kovachevich, “2013”, Show Room, Gowanus, 2014

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