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Giulia Birindelli: l’arte al confine tra dicibile e indicibile

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Le Mie Trame: le opere dell’artista in mostra fino al 19 marzo a Roma alla Casa delle Letterature

Testi intagliati, superfici ferite, poesie provvisorie che diventano eterne nel momento che manifestano la propria incompiutezza: venerdì 8 marzo ore 18.00 (fino al 19 marzo 2019) inaugurazione de Le Mie Trame, mostra che raccoglie le opere di Giulia Birindelli alla Casa delle Letterature in piazza dell’orologio n. 3. a Roma a cura di Maria Ida Gaeta. Il commento sonoro è affidato al concerto di fischio melodico e chitarre ‘Suono proibito’ di Elena Somaré e Mats Hedberg.

La mostra romana alla Casa delle Letterature presenta i lavori di Giulia Birindelli selezionati seguendo un percorso che intende raccontare l’evoluzione del rapporto con la parola e con la scrittura nella sua esperienza artistica. Una relazione che negli anni si fa sempre più intima, dall’iniziale taglio in stampatello e poi in corsivo di parole altrui, ad una dimensione sempre più intima e personale, fino a farsi ferita nel ricamo e poi, ritornando ad essere taglio, strappo e lacerazione. Dai primi lavori, quindi, che sono intagli fedeli di testi scritti dai poeti o scrittori più amati, alle tele dove compare la sua scrittura che si fa nascosta, incomprensibile, agli squarci e spiragli delle ultime tele in cui la parola è solo taglio, ferita, superficie rammendata, scopriamo una creatività che va sempre più verso la rarefazione e l’astrazione, definendo la propria vocazione e costruendo una propria, forte intensità.

A fare da architrave a tutto questo percorso, un grande pannello, allestito sul grande muro della galleria espositiva della Casa delle Letterature, composto da un ricamo sulle pagine del libro di Massimo Recalcati Elogio dell’inconscio.

“Da ancora adolescente tappezzavo le mattonelle del bagno con dei brani di libri che amavo di più. Li volevo lì, a portata di mano. Volevo ricordarmi, ad esempio, che non esiste una sola verità ma che “nostro compito è aumentare il numero delle verità” (Pareyson), e così l’ho scritto sopra alla vasca da bagno. Poi accanto allo specchio, perché mi mettesse buon umore tutte le mattine, avevo segnato un aforisma di Bufalino “Certe mattine di luglio la mia anima porta a braccetto il suo corpo e lo porta a spasso con lui”. – ricorda la Birindelli – “Oggi, adolescenza e aforismi alle spalle, della parola scritta mi commuove la precarietà, la provvisorietà, quel suo essere spiraglio, fessura, apertura. Come diceva Proust, noi vorremmo che lo scrittore ci desse delle riposte, quando tutto quel che può fare è darci dei desideri”.

La creatività sorge dall’impossibile da rappresentare, dire, comunicare. Nasce sempre dal rapporto di amicizia che l’uomo può stabilire con la propria mancanza.

Massimo Recalcati

giulia birindelli

Giulia Birindelli, quindi, sin dall’adolescenza è fortemente attratta dalla letteratura, dalle parole degli scrittori e dei poeti che poi continuerà a frequentare anche per i suoi studi. Ma diventando sempre più cosciente anche della fragilità e della inadeguatezza del linguaggio, di quel suo essere sempre una soglia tra il dicibile e l’indicibile, della sua impossibilità di esprimere fino in fondo quanto c’è di non padroneggiabile e di nascosto nelle nostre vite. Ed è in questo presupporre qualcosa di non esprimibile che risiede la forza della parola, è proprio questo il punto, il luogo in cui la parola scritta o, se si vuole, la letteratura, può incontrare l’arte.

Scrive, infatti, Giulia “… il testo intagliato, facendo scorgere tra le sue pieghe il buio, esibisce il carattere straordinariamente limitrofo del linguaggio (e della poesia in modo esemplare), il suo posare su qualcosa di non padroneggiabile, di nascosto” mostrando grande consapevolezza del proprio lavoro e grande fiducia nell’arte che solo quando e se accetta la propria incompiutezza, svelando il vuoto e il mistero dell’indicibile, può ancora produrre senso.

Ad impreziosire ulteriormente la mostra un concerto per fischio melodico e chitarre di Elena Somaré accompagnata da Mats Hedberg. Questa scelta fatta nella Giornata Internazionale della Donna non è un caso: il fischio in passato veniva considerato un suono corporeo, troppo volgare, maleducato per eccellenza. Nel Medioevo le donne che fischiavano erano considerate streghe e bruciate sul rogo. Proprio per questo, quando Alice Show, alla fine dell’800, riuscì ad affermarsi come fischiatrice, prima nei teatri americani e poi in quelli di tutto il mondo, il movimento delle suffragette, anticipatore delle lotte per la liberazione della donna, la adottò come simbolo ed esempio di emancipazione femminile. Elena Somarè, con la sua arte, ci dà la misura di quanto il divieto fosse espressione di un’arcaica volontà di dominio sul corpo femminile.  Nel suo percorso artistico Elena Somaré ha dimostrato che il fischio melodico può raggiungere i più alti livelli interpretativi, come qualsiasi altro strumento classico. Nel giorno della Festa delle Donne vuole portare il suo dono, in occasione della mostra di Giulia Birindelli con un concerto che ricordi il valore simbolico di tante libertà che una volta erano negate. Per questo ha intitolato l’evento “Il Suono proibito ”. Accompagnata dal chitarrista svedese Mats Hedberg, eseguirà canzoni antiche popolari esplorando la gamma più profonda e nostalgica del suo “strumento”, e aggiungendo una dimensione struggente alle sonorità “nordiche” di Hedberg.

Ruggero Biamonti

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