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Alla scoperta di AlUla, la perla dell’Arabia Saudita

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A ottobre la riapertura al turismo, dopo essere entrata nel Guinnes World Record

Una regione grande all’incirca come la Lombardia, situata a nord di Medina; un viaggio nel tempo fino all’età del Bronzo, un salto nel vuoto del deserto, un volo in mongolfiera. Finalmente nell’ottobre del 2020 l’Arabia Saudita riaprirà al turismo internazionale la regione di AlUla, tesoro archeologico che ospita diversi siti dichiarati Patrimonio mondiale dell’UNESCO. Una zona crocevia di popoli fin dalla Preistoria, che ha visto susseguirsi diverse civiltà, ognuna delle quali ha lasciato una traccia del proprio passaggio.

Studia il passato se vuoi prevedere il futuro
-Confucio

Foto: Ufficio stampa

 

Un’oasi di pace dove trovare ristoro e riposo, AlUla ha rappresentato per secoli un crocevia vitale lungo le rotte di scambio di incenso, mirra e altre materie prime che provenivano dall’Arabia meridionale, dirette a nord verso l’Egitto e oltre. Hegra, primo sito dichiarato patrimonio mondiale dell’UNESCO, offre a uno spettatore incredulo centinaia di monumenti funebri realizzati intagliando enormi blocchi di arenaria. Risalgono al periodo Nabateo, intorno I secolo a.C., durante il quale la città svolgeva un ruolo di spicco. Poi, raccontano gli storici, rappresentò per molto tempo l’avamposto più meridionale dell’Impero Romano.

Al-Khuraybah, l’antica Dadan, è una città costruita nella pietra e considerata una delle più sviluppate del I millennio a.C. nella penisola arabica; doveva la sua prosperità al ruolo di crocevia del commercio di incenso a lunga distanza. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce colossali sculture di figure umane, che probabilmente si trovavano all’interno di un tempio, simbolo di antichi fasti in grado di farci sentire ancora oggi infinitamente piccoli.

Foto: Ufficio stampa

 

I siti di AlUla rappresentano una sorte di Babele a cielo aperto, in cui si sono incontrate le lingue più disparate – aramaico, minaico, nabateo, arabo e latino – che hanno lasciato centinaia di iscrizioni ed epigrafi destinate a durare nei secoli. Quando nel VII secolo d.C. venne fondato l’Islam, la valle dell’oasi divenne un luogo di ristoro ideale lungo il percorso di pellegrinaggio verso la Mecca. A questo scopo la zona di AlUla venne attraversata anche da una ferrovia che andava da Damasco a Medina, estendendosi per più di 1300 km. La stazione di AlUla era significativa perché costituiva l’ultima fermata dei lavoratori cristiani, ai quali non era concesso di proseguire il viaggio per la Mecca. Ed ecco quindi ciò che rimane dell’antica ferrovia, una cicatrice che solca il deserto.

Foto: Ufficio stampa

 

Ma non è tutto qui: la natura – unita all’ignegnosità dell’essere umano – può regalarci spettacoli impensabili. Tramonti mozzafiato osservati da una mongolfiera, un’escursione a cavallo tra le dune del deserto o un concerto immersi nel silenzio di sabbia e roccia. Proprio in questo spazio incontaminato è sorta infatti la Maraya Concert Hall, un gigantesco cubo fatto di specchi che si integra perfettamente nel paesaggio circostante, riflettendolo in un gioco infinito di prospettive da togliere il fiato.

Dopo aver ospitato artisti del calibro di Andre Bocelli la Maraya Concert Hall è entrata nel Guinness World Records™ per essere l’edificio a specchi più grande del mondo. La parola “Maraya” in arabo significa proprio specchio e l’edificio, non a caso, ha ricevuto l’appellativo di “meraviglia riflessa”.

Foto: Ufficio stampa

Un’esperienza unica nel suo genere e – possiamo dirlo – once in a lifetime. AlUla diventa così l’ultima frontiera della vacanza esclusiva, dotata di ogni comfort ma che permette allo stesso tempo di immergersi totalmente nella natura e nella storia. La vision della Royal Commission for AlUla è proprio questa: sviluppare tutte le potenzialità di una meta turistica da sogno senza stravolgere l’ambiente, ma anzi valorizzandolo e coinvolgendo coloro che lo abitano da migliaia di anni.

Beatrice Anfossi

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Foto: Ufficio stampa

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